Che tristezza la fine dell’estate

la fine dell’estate

By Vins Tramontano

Che tristezza l’ultimo giorno in spiaggia. Dover aspettare un altro anno per ritornare all’ombrellone, alla comitiva che durante l’estate ci ha accompagnato8632e5fe-5a38-4894-b54d-e6976052d2ac-300x225 Che tristezza la fine dell’estate nelle lunghe giornate. Abbandonare di getto tutte le persone, le belle abitudini di spiaggia, i fatti accaduti e i segreti maturati. E’ una malinconia nei grandi e addirittura uno sconforto nei piccoli.
Il giorno dopo ci mancano, proviamo a telefonare per sentirli ancora vicini, ma ahimè la necessità di dover rientrare nell’ordinario ci obbliga a considerarli già ricordi.
E’ stranamente il giorno dopo, quando anche le valige vengono riposte al solito posto, parlando in famiglia o con amici raccontiamo l’estate come un ricordo passato da molto, che ci manca tanto:
“Che bello stare all’ombra sotto l’ombrellone. Durante le giornate, mi spostavo con la sdraio, diventando tutt’uno a volte con quelli dell’ombrellone vicino.
Dal mio ombrellone ho stretto un inevitabile rapporto, con alcuni anche piacevole conoscenza.
Sulla mia destra c’è una coppia di una certa età, brave persone della ciociara, niente da dire, hanno due figli grandi: uno lavora in polizia e vive con una compagna a Roma, l’altro vive con loro, è un naturalista, gli piace stare in contatto con gli animali e la natura.
Quando ci siamo rivisti ha approfittato del primo bagno per confidare che sta male. Gli hanno diagnosticato un brutto male, infatti al saluto l’ho vista diversa, alquanto appassita, ma per delicatezza non ho chiesto nulla. Si è sfogata, lontana dal marito ha detto “Il dolore è mio, sono sempre da sola nel mio dolore. A volte mi sento un leone, altre vorrei solo morire, non ho la forza nemmeno di pensare”. Senza dire nulla l’ho abbracciata. È servito, mi è sembrata sollevata. Addirittura durante i giorni seguenti ha cominciato a ridere ed essere di compagnia come gli anni passati. Non penso di poter capire il suo dolore.
All’ombrellone alla mia sinistra un’altra coppia, questi un po’ movimentati, con la brutta abitudine di parlare ad alta voce. Hanno tre figli giovani: la prima ha 20 anni, era rimasta a casa in città da sola, la seconda figlia ha 17 anni e in spiaggia non veniva mai, la sera usciva con gli amici e si ritirava tardi, più delle volte dopo la mezzanotte, il terzo figlio è un ragazzo di 12 anni, con la passione per la pesca, infatti stava ore ed ore sugli scogli in attesa che qualche pesciolino abboccava e lo soddisfaceva. Ma è sotto l’ombrellone che si è consumata la tragedia. I due a voce alta attiravano l’attenzione dei bagnanti che facevano finta di prendere il sole in sdraio, invece erano tutto orecchio. I due si azzuffavano a parole. Il padre avrebbe voluto che la prima figlia sarebbe andata al mare con loro. La madre invece la difendeva, e diceva al marito: ” È grande, non puoi pretendere che venga con noi. Tanto vado io una volta a settimana a vedere quello che fa”. Il marito gli rispondeva: “E allora quell’altra che è più piccola perché non viene in spiaggia con noi? Mi sono rotto il …, è tutta colpa tua, stanno venendo su due puttanelle”.
Io quando percepivo l’inizio della farsa mi allontanavo.
Alla fila appena avanti la mia postazione c’era una coppia con un bambino, che quando intuivano teatrini familiari tiravano fuori le cuffie e sentivano la musica.
Indietro, rispetto a dove mi sdraiavo, c’era una giovane coppia, accorti, carini, innamorati, sempre vicini, non lo nascondevano, tanto che spesso erano sulla stessa sdraio e qualcuno gli faceva la battuta: “Potreste risparmiare prendendo solo una sdraio”.
Davanti sulla sinistra, praticamente all’estremo della prima fila c’era da un paio di anni una signora, quasi sempre da sola. Gli piaceva molto leggere, infatti si accompagnava con la lettura durante le giornate. Per la gioia dei maschietti spesso era in topless. Alle invidiose e puritane che sul bagnasciuga mormorano io gli dicevo: “Bisogna dire che può permetterselo”. Loro rispondevano: “È un seno rifatto. Non lo vedi come sta dritto”.
Sulla sua lettura posso dire che ho scoperto qualcosa che ho confidato solo ad un amico. Un giorno mi ha incuriosito il fatto che quando passava qualcuno vicino il suo ombrellone lei chiudeva il libro. Non era coincidenza, lo faceva categoricamente ogni volta.
Io al mare vado non solo per prendere il sole e fare il bagno, quando sono sulla sdraio tra un pensiero e l’altro scrivo qualche strofetta e abbozzo qualche poesia oppure osservo le situazioni “interessanti” come quello che faceva la signora in topless, che mi stava dando lo spunto per un giallo. A casa, dopo pranzo mi ricordai di avere il binocolo, quando ritornai in spiaggia, mi appostai molto dietro gli ombrelloni e senza dare nell’occhio sbirciai il libro della signora. Wow! Capii perché chiudeva la copertina, era un libro di masochismo, con immagini eloquenti. “E brava la signora”.
La coppietta con il figlio di appena quattro anni, che sono all’ombrellone davanti, quando arrivano come guardie svizzere cominciavano con le loro abitudini: stendevano gli asciugamani sulle sdraio, mettevano la crema solare prima al bambino e poi se la spalmavano tra loro, prendevano i giochini e andavano in riva al mare e mentre giocavano con il piccolo Luca faceva anche il bagno. Poi, quando rientravano all’ombrellone se ne stavano sdraiati sotto il sole fino a pranzo.
Il piccolo Luca, bambino bravo quanto curioso, aveva capito che scrivo sempre qualcosa, si avvicinava e chiedeva: “Oggi cosa stai scrivendo?”
Un giorno gli ho raccontato una storiella inventata, per cosi dire su due piedi. Gli ho detto: ”Sto scrivendo una favoletta, quella delle tre caprette sorelle”.
Seduto accanto alla sdraio, ansioso e interessato, mi ha disse: “Me la racconti?” Non aspettavo altro per vedere che effetto faceva su di lui: “In montagna c’erano tre sorelle caprette, si chiamavano Ponza, Ponzina e Ponzetta. Vivevano in montagna, pascolavano tranquille tutto il giorno, quando era sera rientravano nella stalla e durante i temporali si stringevano perché avevano paura.
Una sera decisero di vedere il tramonto e non riuscirono ad arrivare in stalla perché si era fatto tardi. Rimasero a dormire sotto un albero. In piena notte un lupo che passava lì vicino le vide e cercò piano piano di mangiarne una.
Quando il lupo stette a poco da loro si lanciò contro Ponzetta, la più piccola, cercò di afferrarla e portarla via, in quel momento la paura delle caprette Ponza e Ponzina si trasformò in coraggio. Si lanciarono contro il lupo, chi da un lato e chi dall’altro a capo chino, gli fecero male al punto che lasciò la presa di Ponzetta e scappo lamentandosi con qualche costola rotta.
Le tre caprette scampato il pericolo pensarono di tornare nella stalla anche se era buio. Ogni cespuglio sembrava un orso e ogni sasso un lupo, arrivarono stremate, bagnate e anche impaurite.
Senza mangiare nulla nel fienile si rannicchiarono tra la paglia e vicine vicine dormirono fino al mattino seguente.
Da quel giorno ogni sera, anche se pioveva, nevicava o tirava vento, le tre caprette, Ponza, Ponzina, Ponzetta, rientravano sempre in stalla”.
Il piccolo Luca entusiasta della storiella e del finale mi ringraziò. Non fu il solo perché quelli che stavano sdraiati li vicino commentarono: “Ci piace. Da domani vogliamo sentire altre storielle”.
Altra vicina di ombrellone era Carolina, una signora garbata di mezza età, con la passione per i dolci. Ogni giorno, quando ritornava in spiaggia di pomeriggio portava un dolcino o dei biscottini, che categoricamente finivano durante la pausa che avevamo inconsapevolmente e piacevolmente istituito alle 17.30, quando ci riunivamo presso l’ombrellone di Carolina. Ovviamente il caffè è qualche bevanda la portavamo a turno. Inevitabilmente invitavamo anche gli altri vicini. Quindi il dolce di Carolina diventava ogni giorno anche un motivo per conoscere e allargare le amicizie.
Infatti la sera dopo cena, alla passeggiata sul lungomare era un piacere vedere tante facce amiche.
… e tante altre piacevoli situazioni.
Una bella vacanza lascia una carica interiore per un po di mesi, anche se l’abbronzatura va via.

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